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la nostra vision

“La lingua italiana prima di tutto”

Prendiamo a prestito, variandolo rispettosamente, il celebre incipit dell’Ars Poetique di Paul Verlaine, come nostra breve sintesi programmatica. Da questo assunto prende infatti le mosse la nostra Casa Editrice, la cui nascita potrebbe apparire superflua, se non azzardata, visto che muove i primi passi in un paese in cui vige il paradosso per cui si pubblica più di quanto il mercato sia disposto ad assorbire (cioè, più di quanto gli italiani siano disposti a leggere). Cosa potrebbe infatti offrire di più proponendosi ad un mercato sommerso da offerte editoriali di ogni tipo, dalle stelle della cucina ai campioni sportivi, dalle evanescenti meteore di Instagram e di Tik Tok alle proposte letterarie per giovani adulti o i successi imperituri del fantasy, del noir e del giallo? 
La riflessione di partenza è che, se pure in Italia si scrive più di quanto si legge ed il campo delle offerte si è ampliato comprendendo una straordinaria molteplicità di proposte, all’allargamento dell’offerta non si è sempre accompagnata una ricerca di qualità della parola scritta che andasse veramente in profondità e che potesse nutrire e impregnare con la sua forza il messaggio e le idee. Se pure si scrive molto, e sicuramente l’uso dei social ha favorito questo ritorno alla scrittura, ciò non ha comportato in molti casi alcuna cura e ricerca della parola, la precisione armonica dell’architettura sintattica, la riflessione sulla lingua e la scelta accurata del lessico. Ancor prima e ancor di più non ha comportato nemmeno la cura della lettura, ritenuta addirittura per tanti che scrivono una sorta di surplus. La nostra esperienza nell’editing ci ha dimostrato quanto spesso invece domini la trascuratezza linguistica, lì dove la costruzione sintattica e la ricerca della parola sono spesso immolati sull’altare della (non si sa bene quale) urgenza del contenuto e della libertà espressiva. Ci piace il detto catoniano rem tene verba sequentur (tieni l’argomento, le parole seguiranno) per ricordare che lì dove la parola e la lingua latitano, è perché probabilmente alla base non c’è neanche la res, cioè non c’è veramente qualcosa che valga la pena sia detta.
Perciò, l’esigenza da cui partiamo è proprio restituire corpo, densità e forza alla parola e ciò non può prescindere dalla sua forma, convinti che “lo stile è l’uomo” e che dietro ad una bella forma raramente c’è il vuoto, e c’è invece più generalmente profondità di riflessione, ricchezza di idee, capacità inventive. Non è pretenzioso evocare, proprio nell’anno delle celebrazioni dantesche, la forza delle scelte linguistiche del poeta fiorentino e tutta la schiera dei grandi custodi e curatori della nostra lingua, dal Medioevo ai nostri grandi contemporanei, perché siamo convinti che la letteratura e la saggistica che dobbiamo e vogliamo coltivare dovranno avere radici salde nella nostra tradizione letteraria e nella lingua rinfrancata dalle soluzioni espressive della nostre migliori voci della contemporaneità, per dare forza ad una lingua sempre nuova che sia veicolo autentico della libertà delle idee. E se forse sembrerà che voliamo troppo alto, richiamiamo alla memoria gli “arcieri prudenti” di Machiavellli, che pongono la mira più in alto del luogo destinato, non per raggiungere con la freccia tanta altezza, “…ma per potere, con l’aiuto di sì alta mira pervenire al disegno loro”. Queste sono le stelle cui miriamo, stelle magari non ancora grandi, ma che cureremo con devozione affinché diventino splendenti e pulite nel suono del loro essere e del proprio esprimersi. Ad Astra, appunto.

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